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Ora che la stagione abbiam seconda;

Che non corriamo a la Città ch'è meta

D'ogni nostra vittoriale che piu l' vietater: C^4

GERUSALEMME LIBERATA.

Canto

CANTO PRIM Q.

I.

Anto l'armi pietose e'l capitano Che'l gran Sepolcro liberò di Cristo. Molto egli oprò col senno e con la mano; Molto soffri nel glorioso acquisto.

E invan l'inferno a lui s' oppose; e invano S'armo d' Asia e di Libia il popol misto; Che il ciel gli diè favore, e sotto ai santi Segni ridusse i suoi compagni erranti.

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II.

O musa, tu, che di caduchi allori Non circondi la fronte in Elicona ; Ma su nel cielo infra i beati cori Hai di stelle immortali aurea corona; Tu spira al petto mio celesti ardori, Tu rischiara il mio canto, e tu perdona, S'intesso fregi al ver, s' adorno in parte D'altri diletti, che de'tuoi, le carte.

III.

Sai che tà corre il mondo, ove più versi Di sue dolcezze il lusinghier Parnaso; E che'l vero condito in molli versi, I più schivi allettando ha persuaso. Così a l'egro fanciul porgiamo aspèrsi Di soave licor gli orli del vaso; Succhi amari ingannato intanto ei beve, E da l'inganno suo vita riceve.

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IV.

Tu, magnanimo Alfonso, il qual ritogli Al furor di fortuna e guidi in porto Me peregrino errante e fra gli scogli E fra l'onde agitato e quasi absorto; Queste mie carte in lieta fronte accogli, Che quasi in voto a te sacrate i'porto. Forse un dì fia che la presaga penna Osi scriver di te quel ch' or n'accenna.

V.

E' ben ragion (s'egli avverrà ch'in pace
Il buon popol di Cristo unqua si veda,
E con navi e cavalli al fero Trace
Cerchi ritor la grande ingiusta preda)
Ch'a te lo scettro in terra, o se ti piace,
L'alto imperio de' mari a te conceda.
Emulo di Goffredo, i nostri carmi
Intanto ascolta, e t'apparecchia a l'armi.
VI.

Già'l sesto anno volgea ch'in Oriente
Passò il campo cristiano a l'alta impresa:
E Nicea per assalto, e la potente
Antiochia con arte avea già presa.

L'avea poscia in battaglia incontro a gente
Di Persia innumerabile difesa ;

E Tortosa espugnata: indi a la rea
Stagion diè loco, e'l novo anno attendea.

VII.

E' fine omai di quel piovoso inverno Che fea l'armi cessar lunge non era; Quando da l'alto soglio il Padre Eterno Ch'è ne la parte più del ciel sincera, E quanto è da le stelle al basso inferno, Tanto è più in su de la stellata sfera; Gli occhj in giù volse, e in un sol punto e in una Vista mirò ciò ch'in se il mondo aduna.

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Mirò tutte le cose, ed in Soria
S'affissò poi ne' principi cristiani ;
E con quel guardo suo ch'a dentro spia
Nel più secreto lor gli affetti umani,
Vede Goffredo, che scacciar desia
Da la santa città gli empj Pagani;
E pien di fe, di zelo, ogni mortale
Gloria impero tesor mette in non cale.
IX.

Ma vede in Baldovin cupido ingegno
Ch'a l'umane grandezze intento aspira:
Vede Tancredi aver la vita a sdegno,
Tanto un suo vano amor l'ange e martira:
E fondar Boemondo al novo regno
Suo d'Antiochia alti principi mira,
E leggi imporre, ed introdur costume
Ed arti e culto di verace Nume:

X.

E cotanto internarsi in tal pensiero,
Ch'altra impresa non par che più rammenti.
Scorge in Rinaldo ed animo guerriero,
E spirti di riposo impazienti.

Non cupidigia in lui d'oro o d'impero,
Ma d'onor brame immoderate ardenti.
Scorge che da la bocca intento pende
Di Guelfo, e i chiari antichi esempj apprende.

XI.

Ma poi ch'ebbe di questi e d'altri cori
Scorti gl'intimi sensi il Re del mondo;
Chiama a se da gli angelici splendori
Gabriel, che ne' primi era il secondo.
È tra Dio questi e l'anime migliori
Interprete fedel, nunzio giocondo;
Giù i decreti del ciel porta, ed al cielo
Riporta de' mortali i preghi e'l zelo.

XII.

Disse al suo nunzio Dio: Goffredo trova,
E in mio nome di lui: perchè si cessa?
Perchè la guerra omai non si rinova
A liberar Gerusalemme oppressa?

Chiami i duci a consiglio; e i tardi mova
A l'alta impresa: ei capitan fia d'essa:
lo qui l'eleggo, e'l faran gli altri in terra,
Già suoi compagni, or suoi ministri ia guerra.

XIII.

Così parlogli: e Gabriel s'accinse
Veloce ad eseguir l'imposte cose.
La sua forma invisibil d'aria cinse,
Ed al senso mortal la sottopose.
Umane membra, aspetto uman si finse;
Ma di celeste maestà il compose.
Tra giovane e fanciullo età confine
Prese, ed ornò di raggi il biondo crine.

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