LXXXVI. Ma quando di sua aita ella ne privi Nè pianta fia da noi la nostra morte. Non creder già che noi fuggiam la pace, Così rispose: e di pungente rabbia LXXXIX. Indi il suo manto per lo lembo prese, Curvollo, e fenne un seno, e'l seno sporto, Così pur anco a ragionar riprese Via più che prima dispettoso e torto! Senz' altro indagio, e qual più vuoi, ti piglia. L'atto fiero c'l parlar tutti commosse Dal magnanimo lor duce Goffrido. Parve ch' aprendo il seno, indi traesse Il furor pazzo e la discordia fera; E che ne gli occhj orribili gli ardesse E in cotal atto il rimirò Babelle XCII. Soggiunse allor Goffredo: or riportate Al vostro re che venga e che s'affretti, Che la guerra accettiam che minacciate ; E s'ei non vien, fra 'l Nilo suo n'aspetti. Accomiato lor poscia in dolci e gratë Maniere, e gli onorò di doni eletti. Ricchissimo ad Alete un elmo diede, Ch'a Nicea conquistò fra l'altre prede. XCIII. Ebbe Argante una spada: e'l fabro egregio L'else e'l pomo le fe' gemmato e d'oro Con magistero tal, che perde il pregio De la ricca materia appo il lavoro. Poichè la tempra e la ricchezza e'l fregio Sottilmente da lui mirati foro; Disse Argante al Buglion: vedrai ben tosto, Come da me il tuo dono in uso è posto. XCIV. ΑΙ Indi tolto congedo, e da lui ditto suo compagno: Jo ver Gerusalem, tu verso Egitto; : or cen' andremo omai, Tu col sol novo, io co' notturni rai: Reca tu la risposta: io dilungarmi XCV. Così di messaggier fatto è nemico. Sia fretta intempestiva o sia matura; La ragion de le genti, e l'uso antico S'offenda o no; nè'l pensa egli nè'l cura. Senza risposta aver, va per l'amico Silenzio de le stelle a l' alte mura, D'indugio impaziente: ed a chi resta Già non men la dimora anco è molesta. XCVI. Era la notte, allor ch' alto riposo E chi si giace in tana o in mandra ascoso, Sopian gli affanni, e raddolciano i cori. Ma nè'l campo fedel, nè'l franco duca Fine del Canto secondo. Ecco io chino le braccia, e t'appresento Tas Ger Co3. GERUSALEMME LIBERATA. CANTO TERZ O. I. Tà l'aura messaggiera erasi desta Ad annunziar che se ne vien l'aurora; Quando il campo ch' a l'arme omai s'appresta la Voce mormorava alta e sonora, E prevenia le trombe: e queste poi |