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II.

Il saggio capitan con dolce morso
I desiderj lor guida e seconda;
Che più facil saria svolger il corso
Presso Cariddi a la volubil' onda:

O tardar Borea allor che scote il dorso
De l'Apennino, e i legni in mare affonda.
Gli ordina, gl'incammina, e'n suon gli regge
Rapido sì, ma rapido con legge.

III.

Ali ha ciascun al core, ed ali al piede; Nè del suo ratto andar però s'accorge. Ma quando il sol gli aridi campi fiede Con raggi assai ferventi, e in alto sorge; Ecco apparir Gerusalem si vede, Ecco additar Gerusalem si scorge. Ecco da mille voci unitamente Gerusalemme salutar si sente.

IV.

Così di naviganti audace stuolo
Che mova a ricercar estranio lido,
E in mar dubbioso, e sotto ignoto polo
Provi l'onde fallaci e'l vento infido;
S'alfin discopre il desiato suolo,

Il saluta da lunge in lieto grido,

E l'uno a l'altro il mostra, e intanto oblia La noja e'l mal de la passata via.

V.

Al gran piacer che quella prima vista
Dolcemente spirò ne l'altrui petto,
Alta contrizion successe, mista
Di timoroso e riverente affetto.
Osano appena d'innalzar la vista
Ver la città, di Cristo albergo eletto,
Dove morì, dove sepolto fue,
Dove poi rivestì le membra sue.

VI.

Sommessi accenti, e tacite parole, Rotti singulti, e flebili sospiri

De la gente ch' in un s'allegra e duole, Fan che per l'aria un mormorio s' aggiri. Qual ne le folte selve udir si suole, S'avvien che tra le frondi il vento spiri: O quale infra gli scogli o presso ai lidi Sibila il mar percosso in rauchi stridi.

VII.

Nudo ciascuno il piè calca il sentiero: Che l'esempio de' duci ogni altro move. Serico fregio o d'or, piuma o cimiero Superbo dal suo capo ognun rimove; Ed insieme del cor l'abito altero Depone, e calde e pie lagrime piove. Pur quasi al pianto abbia la via rinchiusa, Cosi parlando ognun se stesso accusa :

VIII.

Dunque, ove tu, Signor, di mille rivi Sanguinoso il terren lasciasti asperso, D'amaro pianto almen due fonti vivi In si acerba memoria oggi i' non verso? Agghiacciato mio cor, che non derivi Per gli occhj, e stili in lagrime converso? Duro mio cor, che non ti spetri e frangi? Pianger ben merti ognor, s'ora non piangi.

IX.

Da la cittade intanto un ch' a la guarda Sta d'alta torre, e scopre i monti e i campi, Colà giuso la polve alzarsi guarda, Sì che par che gran nube in aria stampi: Par che baleni quella nube ed arda, Come di fiamme gravida e di lampi r Poi lo splendor de' lucidi metalli

Scerne e distingue gli uomini e i cavalli.

X..

Allor gridava: oh qual per l'aria stesa Polvere i veggio, oh come par che splenda! Su, suso, o cittadini, a la difesa

S'armi ciascun veloce, e i muri ascenda'.
Già presente è il nemico. E poi ripresa
La voce: ognun s'affretti e l'arme prenda:
Ecco il nemico è qui: mira la polve
Che sotto orrida nebbia il cielo involve.

XI.

I semplici fanciulli e i vecchj inermi,
E'l volgo de le donne shigottite,
Che non sanno ferir nè fare schermi,
Traean supplici e mesti a le meschite.
Gli altri di membra e d'animo più fermi
Già frettolosi l'arme avean rapite,

Accorre altri a le porte, altri a le mura:
Il re va incontro, e'l tutto vede e cura.
XII.

Gli ordini diede, e poscia ei si ritrasse
Ove sorge una torre infra due porte,
Si ch è presso al bisogno: e son più basse
Quindi le piagge, e le montagne scorte.
Volle che quivi seco Erminia andasse,
Erminia bella ch'ei raccolse in corte,
Poich' a lei fu da le cristiane squadre
Presa Antiochia, e morto il re suo padre.

XIII.

Clorinda intanto incontra ai Franchi è gita: Molti van seco: ed ella a tutti è innante. Ma in altra parte ond'è secreta uscita, Sta preparato a le riscosse Argante. La generosa i suoi seguaci incita Co'detti e con l'intrepido sembiante. Ben con alto principio a noi conviene, Dicea, fondar de l' Asia oggi la spene..

XIV.

Mentre ragiona ai suoi, non lunge scorse
Un franco stuol addur rustiche prede,
Che, com'è l'uso, a depredar precorse:
Or con greggie ed armenti al campo riede.
Ella ver lor, e verso lei sen corse

Il duce lor, ch'a se venir la vede.
Gardo il duce è nomato, uom di gran possa:
Ma non già tal, ch'a lei resister possa.

XV.

Gardo a quel fero scontro è spinto a terra In su gli occhi de' Franchi e de' Pagani, Ch' allor tutti gridar', di quella guerra Lieti augurj prendendo, i quali fur vani. Spronando addosso a gli altri ella si serra, E val la destra sua per cento mani. Seguirla i suoi guerrier' per quella strada Che spianar' gli urti, e che s'apri la spada.

XVI.

Tosto la preda al predator ritoglie: Cede lo stuol de' Franchi appoco appoco. Tanto ch'in cima a un colle ei si raccoglie; Ove ajutate son l'arme dal loco.

Allor, siccome turbine si scioglie,

E cade da le nubi aereo foco

Il buon Tancredi, a cui Goffredo accenna, Sua squadra mosse, ed arrestò l'antenna.

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