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tore da lui certamente non mai penetrato ; come appare dalla sua traduzione? Non è dunque Dante il duce del Parnaso Italiano perchè fu il primo che poetò lungamente tra noi. Anche Cecco d' Ascoli fu suo contemporaneo Ma chi conosce il suo poema l'Acerba? Anche il Boccaccio che fu a Dante vicino, detto versi a migliaja. Ma chi dirà mai il Boccaccio poeta? Dante ha il primato, perchè è il fonte d'ogni nostra sapienza poetica. La sua cantica dell' Inferno è la più nobile, Veneratene gli alti misteri.

Alcuni vorrebbono i commentarj, altri gli argomenti. Io escludo gli uni e gli altri. Debbo cercare la brevità, e fuggir l'ingombro. Quanto ai primi, poche parole non bastano ; ed eccovi una mole immensa, per cui i letterati s'offendono, per cui le donne sbadigliano e le donne ancora anno a legger Dante ; il quale per altro avrà un Indice suo proprio. Quanto ai secondi, vi può piacere una non so quale incertezza, che vi resta nel leggere il canto, quando non ne sapete l'argomento. L'uomo gode d' intendere da se medesimo senza interprete, e di trapelar nell'oscurità senza guida. Questo è dono dell' amor proprio, da cui non posso credervi immuni, cortesi amici, perchè so quanto siete virtuosi: e mi vi raccomando.

C. Dall'Acqua seul.

Vedi la bestia per cu' io mi volsi:
Ajutami da lei famoso saggio,
Ch'ella mi fa tremar le vene e i polsi.

DELL'

INFERNO

N

CANTO PRIMO.

El mezzo del cammin di nostra vita
Mi ritrovai per una selva oscura,
Che la diritta via era smarrita :
E quanto a dir qual'era, è cosa dura,
Questa selva selvaggia ed aspra e forte,
Che nel pensier rinnuova la paurá. ~>
Tanto è amara, che poco. è più morte:

Ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,
Dirò de l'altre cose ch' iv ho scotte.

Dante T. 1.

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I'non so ben ridir com’i'v'entrai ;
Tant'era pien di sonno in su quel punto,
Che la verace via abbandonai.

Ma po' ch'i' fui appiè d'un colle giunto,
La ove terminava quella valle

Che m'avea di paura il cuor compunto,
Guarda' in alto, e vidi le sue spalle
Vestite già de' raggi del pianeta
Che mena dritto altrui per ogni calle.
Allor fu la paura un poco queta,

Che nel lago del cuor m'era durata
La notte ch'i' passai con tanta pieta,
E come quei che con lena affannata
Uscito fuor del pelago a la riva,
Si volge a l'acqua perigliosa, e guata;
Così l'animo mio ch'ancor fuggiva,
Si volse adietro a rimirar lo passo
Che non lasciò già mai persona viva.
Poi ch'ebbi riposato 'l corpo lasso,
Ripresi via per la piaggia diserta,

Si che 'l piè fermo sempre era 'l più basso;
Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta,
Una lonza leggiera e presta molto,
Che di pel maculato era coperta.
E non mi si partía dinanzi al volto:
Anzi 'mpediva tanto 'I mio cammino,
Ch'i' fui per ritomar più volte volto. -

Temp'era dal principio del mattino:
El sol montava 'n su con quelle stelle
Ch'eran con lui, quando l'amor divino
Mosse da prima quelle cose belle,
Si ch'a bene sperar m'era cagione
Di quella fera la gajetta pelle,
L'ora del tempo, e la dolce stagione:
Ma non si che paura non mi desse
La vista che m'apparve d'un leone.
Questi parea che contra me venesse
Con la test'alta, e con rabbiosą fame,
Si che parea che l'aer ne temesse:
Ed una lupa che di tutte brathe
Sembrava carca con la sua magrezza,
E molte genti fè già viver grame.
Questa mi porse tanto di gravezza
Con la paura ch'uscía di sua vista,
Ch'i' perde' la speranza de l'altezza.
E quale è quei che volentieri acquista,
E giugnel tempo che perder lo face,
Che'n tutti i suo' pensier piange e s'attrista:
Tal mi fece la bestia senza pace,

Che venendomi 'ncontro a poco a poco
Mi ripingeva là dove 'l sol tace.
Mentre ch'i rovinava in basso loco,
Dinanzi a gli occhj mi și fu offerto
Chi per lungo silenzio parea fioco.

Quando i'vidi costui nel gran diserte,
Miserere di me gridai a lui,

Qual che tu sii, od ombra od uomo certe.
Risposemi: non uomo: uomo già fui,
E li parenti miei furon Lombardi,
E Mantovani per patria amendui.
Nacqui sub Julio, ancorché fosse tardi,
E vissi a Roma sotto 'l buono Agusto,
Al tempo de gli Dei falsi e bugiardi .
Poeta fui, e cantai di quel giusto

Figliuol d'Anchise che venne da Troja, Poichè 'I superbo Ilion fu combusto, Ma tu, perchè ritorni a tanta noja? Perchè non sali-il dilettoso monte Ch'è principio e cagion di tutta gioja? Or se'tu quel Virgilio e quella fonte Che spande di parlar sì largo fiume? Risposi lui con vergognosa fronte. Oh de gli altri poeti onore e lume, Vagliami 'l lungo studio e 'l grande amore Che m'an fatto cercar lo tuo volume. Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore: Fu se' solo colui da cu' io tolsi Lo bello stile che m'ha fatto onore. Vedi la bestia per cu'io mi volsi: Ajutami da lei, famoso saggio,

Ch'ella mi fa tremar le vene e i polsi.

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