Ivi con segni e con parole ornate Isifile ingannò, la giovinetta, Che prima tutte l'altre avea 'ngannate. Lasciolla quivi gravida e soletta: Tal colpa a tal martiro lui condanna: E anche di Medea si fa vendetta. Con lui sen' va chi da tal parte inganna: E questo basti de la prima valle Sapere, e di color che 'n se assanna. Già eravam là 've lo stretto calle
Con l'argine secondo s'incrocicchia, E fa di quello ad un altr' arco spalle. Quindi sentimmo gente che si nicchia Ne l'altra bolgia, e che col muso sbuffa, E se medesma con le palme picchia. Le ripe eran grommate d'una muffa
Per l'alito di giù che vi s'appasta, Che con gli occhi e col naso facca zuffa. Lo fondo è cupo sì, che non ci basta Luogo a veder sanza montare al dosso De l'arco ove lo scoglio più sovrasta. Quivi venimmo, e quindi giù nel fosso Vidi gente attuffata in uno sterco, Che da gli uman privati parea mosso: E mentre ch'io là giù con l'occhio cerco, Vidi un col capo sì di merda lordo, Che non parea s'era laico o cherco.
Quei mi sgridò: perchè se' tu sì 'ngordo Di riguardar più me, che gli altri brutti: Ed io a lui: perchè, se ben ricordo, Già t'ho veduto co' capelli asciutri E se' Alessio Interminei da Lucca: Però t'adocchio più che gli altri tutti. Ed egli allor battendosi la zucca : Qua giù m'anno sommerso le lusinghe, Ond' i' non ebbi mai la lingua stucca. Appresso ciò lo duca: fa che pinghe, Mi disse, un poco 'l viso più avante, Sì che la faccia ben con gli occhi attinghe Di quella sozza scapigliata fante, Che là si graffia con l' unghie merdose, Ed or s'accoscia, ed ora è in piede stante: Taida è la puttana che rispose
Al drudo suo, quando disse: ho io grazie Grandi appo te, anzi maravigliose :
E quinci sien le nostre viste sazie.
Fuor dela bocca a ciascun soperchiava D'un peccator li piedi, e dele gambe Infino al grosso, e l'altro dentro stava.
Simon mago, o miseri seguaci, Che le cose di Dio, che di bontate Deono essere spose, e voi rapaci Per oro e per argento adulterate; Or convien che per voi suoni la tromba, Perocchè ne la terza bolgia state. Già eravamo a la seguente tomba
Montati de lo scoglio in quella parte Ch'appunto sovra i mezzo fosso piomba.
somma sapienzia, quant' è l'arte Che mostri in cielo in terra e nel mal mondo, E quanto giusto tua virtù comparte!
I vidi per le coste e per lo fondo Piena la pietra livida di fori
D'un largo tutti, e ciascuno era tondo. Non mi paren meno ampj ne maggiori, Che quei che son nel mio bel san Giovanni Fatti per luogo de' battezzatori. L'un de gli quali, ancor non è molt'anni, Rupp' io per un che dentro v'annegava: E questo fia suggel ch'ogni uomo sganni. Fuor de la bocca a ciascun soperchiava D'un peccator li piedi, e de le gambe Infino al grosso, e l'altro dentro stava.
Le piante erano accese a tutti intrambe: Perchè sì forte guizzavan le giunte, Che spezzate averian ritorte e strambe. Qual suole il fiammeggiar de le cose unte Muoversi pur su per l'estrema buccia, Tal era li da' calcagni a le punte. Chi è colui, maestro, che si cruccia Guizzando più che gli altri suoi consorti, Diss'io, e cui più rossa fiamma succia? Ed egli a me: se tu vuoi ch'i' ti porti Là giù per quella ripa che più giace, Da lui saprai di se e de' suoi torti.
Ed io: tanto m'è bel, quanto a te piace: Tu se'signore, e sai ch'i' non mi parto Dal tuo volere, e sai quel che si tace. Allor venimmo in su l'argine quarto: Volgemmo e discendemmo a mano stanca Là giù nel fondo foracchiato ed arto. E'l buon maestro ancor da la sua anca Non mi dipose, sin mi giunse al rotto Di quei che sì piangeva con la zanca. O qual che se' che 'l di su tien di sotto, Anima trista, come pal commessa, Comincia' io a dir, se puoi, fa motto. Io stava come 'l frate che confessa Lo perfido assassin, che poi ch'è fitto, Richiama lui, perchè la morte cessa: Ed ei gridò: se' tư già costì ritto, Se'tu già costi ritto, Bonifazio? Di parecchi anni mi menti lo scritto. Se tu sì tøsto di quell' aver sazio
Per lo quat non temesti torre a 'nganno La bella donna, e di poi farne strazio? Tal mi fec'io qua' son color che stanno, Per non intender ciò ch'è lor risposto, Quasi scornati, e risponder non sanno. Allor Virgilio disse: dilli tosto, Non son colui, non son colui che credi. Ed io risposi com' a me fu imposto:.
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