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Poich' i' mi mossi, e a lui venni ratto :
E i diavoli si fecer tutti avanti,
Si ch' io temetti non tenesser patto.
E così vid' io già temer li fanti
Ch'uscivan patteggiati di Caprona,
Veggendo se tra nemici cotanti.
I'm' accostai con tutta la persona

Lungo'l mio duca, e non torceva gli occhi
Da la sembianza lor ch' era non buona.
Ei chinavan gli raffi, e: vuoi ch'i' 'l tocchi,
Diceva l'un con l'altro, in sul groppone?
E rispondean: sì, fa che gliele accocchi.
Ma quel demonio che tenea sermone
Col duca mio, si volse tutto presto,
E disse: posa, posa, Scarmiglione.
Poi disse a noi più oltre andar per questo
Scoglio non si potrà: perocchè giace
Turto spezzato al fondo l'arco sesto:
E se l'andare avanti pur vi piace,

Andatevene su per questa grotta:
Presso è un altro scoglio che via face.
Jer, più oltre cinqu' ore che quest'otta,
Mille dugento con sessanta sei

Anni compier che qui la via fu rotta.
I'mando verso là di questi miei
A riguardar s' alcun se ne sciorina:
Gite con lor, ch'e'non saranno rei

Tratti avanti, Alichino, e Calcabrina,
Cominciò egli a dire, e tu Cagnazzo,
E. Barbariccia guidi la decina.
Libicocco vegna oltre, e Draghignazzo,
Ciriatto sannuto, e Graffracane,
E Farfarello, e Rubicante pazzo.
Cercate intorno le bollenti pane:

Costor sien salvi insino a l'altro scheggio,
Che tutto 'ntero va sovra le tane.
O me, maestro, che è quel ch'i' veggio?
Diss' io: deh sanza scorta andiamci soli,
Se tu sa'ir, ch'ì' per me non la chieggio:
Se tu se' si accorto come suoli,

Non vedi tu ch'e' digrignan li denti, E con le ciglia ne minaccian duolì ? Ed egli a me: non vo' che tu paventi: Lascianli digrignar pure a lor senno, Ch'e' fanno ciò per li lessi dolenti. Per l'argine sinistro volta dienno : Ma prima avea ciascun la lingua stretta Co' denti verso lor duca per cenno, Ed egli avea del cul fatto trombetta .

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E Graffiacan che gli era più di contra
Gli arronciglio le 'mpegolate chiome
E trafsel su che mi parve

una lontra.

CANTO VENTESIMOSECONDO,

I vidi già cavalier muover campo,

E cominciare stormo, e far lor mostra, E tal volta partir per loro scampo: Corridor vidi per la terra vostra, O Aretini, e vidi gir gualdane, Ferir torneamenti, e correr giostra, Quando con trombe e quando con campane, Con tamburi e con cenni di castella, E con cose nostrali e con istrane :

Nè già con sì diversa cennamella
Cavalier vidi muover nè pedoni

Ne nave a segno di terra o di stella. Noi andavan con li dieci dimoni :

(Ah fiera compagnia!) ma ne la chiesa Co' santi, e in taverna co' ghiottoni. Pure a la pegola era la mia intesa, Per veder de la bolgia ogni contegno, E de la gente ch' entro v'era incesa. Come i delfini, quando fanno segno

A' marinar con l'arco de la schiena, Che s'argomentin di campar lor legno, Talor così ad alleggiar la pena

Mostrava alcun de' peccatori 'I dosso,
E nascondeva in men che non balena.
E com' a l'orlo de l'acqua d'un fosso
Stan li ranocchi pur col muso fuori,
Sì che celano i piedi e l'altro grosso
Si stavan d'ogni parte i peccatori :
Ma come s'appressava Barbariccia,
Così si ritraean sotto i bollori.

Io vidi, ed anche 'l cuor mi s' accapriccia,
Uno aspettar così, com'egli incontra,
Ch' una rana rimane, e l'altra spiccia.
E Graffiacan che gli era più di contra,
Gli arroncigliò le 'mpegolate chiome,
E trassel su, che mi parve una lontra.

I'sapea già di tutti quanti 'I nome,
Sì li notai, quando furono eletti,
E poi che si chiamaro, attesi come,
Rubicante, fa che tu gli metti

Gli unghioni addosso sì che tu lo scuoi,
Gridavan tutti insieme i maladetti.
Ed io maestro mio, fa, se tu puoi,
Che tu sappi chi è lo sciagurato
Venuto a man de gli avversarj suoi.
Lo duca mio gli s'accostò allatto,
Domandollo ond' e' fosse: e quei rispose:
I'fui del regno di Navarra nato.
Mia madre a servo d' un signor mi pose,
Che m' avea generato d'un ribaldo
Distruggitor di se e di sue cose.
Poi fui famiglia del buon re Tebaldo:
Quivi mi misi a far baratteria,

Di che i' rendo ragione in questo caldo. E Ciriatto a cui di bocca uscía

D'ogni parte una sanna come a porco,
Gli fè sentir come l'una sdrucía.
Tra male gatte era venuto 'l sorco:

Ma Barbariccia il chiuse con le braccia,
E disse: state 'n là, mentr' io lo 'nforco:
E al maestro mio volse la faccia :

Dimanda, disse, ancor se più disii
Saper da lui; prima ch'altri 'l disfaccia.

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