Mischiate sono a quel cattivo coro Di gente, ch'i' non avrei mai creduto Questi sciaurati che mai non fur vivi, Partiti da coțești che son morti; Ma poi ch'e' vide ch'i'non mi partiva, Disse: per altre vie, per altri porti Ciò che si vuole: e più non dimandare. Al nocchier de la livida palude, Che 'ntorno a gli occhj ave' di fiamme ruote. Ma quell' anime ch' eran lasse e nude, Cangiar colore, e dibattero i denti, Ratto che 'nteser le parole crude. Bestemmiavano Iddio e i lor parenti, L'umana spezie il luogo il tempo e 'l seme Di, lor semenza di lor nascimenti. Poi si ritrasser tutte quante insieme Forte piangendo a la riva malvagia, Ch' attende ciascun uom che Dio non teme. Caron dimonio con occhj di bragia Loro accennando, tutte le raccoglie. Batte col remo qualunque s'adagia. Come d'autunno si levan le foglie L'una appresso de l'altra, infin che 'I ramo Rende a la terra tutte le sue spoglie. Similemente il mal seme d'Adamo: Gittansi di quel lito ad una ad una Per cenni, com' augel per suo richiamo. Così sen vanno su per l'onda bruna, Ben puoi saper omai che 'l suo dir suona. Finito questo la buja campagna Tremò si forte, che de lo spavento La qual mi vinse ciascun sentimento : 1. Alessandri Scul Queghi e Omero poeta sovrano: L'altro è Orazio satiro che viene Ovidio el terzo, e l'ultimo e Lucano. CANTO QUARTO. Ruppemi emi faltó sonno ne la testa Per conoscer lo foco dov'io fossi. |