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Che tutto l'oro ch'è sotto la luna,
O che già fu di quest' anime stanche
Non poterebbe farne posar una.
Maestro, dissi lui, or mi dì anche:
Questa fortuna di che tu mi tocche,
Che è, che i ben del mondo ha si tra branche.
E quegli a me: o creature sciocche,

Quanta ignoranza è quella che v'offende! Or vo' che tu mia sentenza ne 'mbocche: Colui lo cui saver tutto trascende.,

Fece li cieli e diè lor chi conduce,
Sì ch' ogni parte ad ogni parte splende,
Distribuendo ugualmente la luce:
Similemente a gli splendor mondani
Ordinò general ministra e duce,
Che permutasse a tempo li ben vani

Di gente in gente, e d'uno in altro sangue,
Oltre la difension de' senni umani:
Perch' una gente impera, e l'altra langue,
Seguendo lo giudicio di costei,

: Ched è occulto com'in erba l'angue.
Vostro saver non ha contrasto a lei:
Ella provvede giudica e persegue
Suo regno, come il loro gli altri Dei.
Le sue permutazion non anno triegue:
Necessità la fa esser veloce,

Si spesso vien chi vicenda consegue,

Quest'è colei ch'è tanto pósta in croce
Pur da color che le dovrian dar lode,
Dandole biasmo à torto e mala voce.
Ma ella s'è beata, e ciò non ode:
Con l'altre prime creature lieta
Volve sua spera, e beata si gode.
Or discendiamo omai a maggior piéta:
Già ogni stella cade, che saliva
Quando mi mossi, e'l troppo star si vieta.
Noi ricidemmo 'l cerchio a l'altra riva
Sovr' una fonte che bolle e riversa
Per un fossato che da lei diriva.
L'acqua era buja molto più che persa:
E noi in compagnia de l'onde bige
Entrammo giù per una via diversa,
Una palude fa ch'ha nome Stige
Questo tristo ruscel, quando è disceso
Al piè de le maligne piagge grige.
Ed io che di mirar mi stava inteso,
Vidi genti fangose in quel pantano
Ignude tutte, e con sembiante offeso.
Questi si percotean non pur con mano,
Ma con la testa e col petto e co' piedi,
Troncandosi co'denti a brano a brano.
Lo buon maestro disse: figlio, or vedi
L'anime di color cui vinse l'ira:

E anche vo'che tu per certo credi,

Che sotto l'acqua ha gente che sospira,
E fanno pullular quest' acqua al summo,
Come l'occhio ti dice u' che s'aggira.
Fitti nel limo dicon: tristi fummo

Ne l'aer dolce che dal sol s' allegra,
Portando dentro accidioso fummo:
Or ci attristiam ne la belletta negra.

D

Quest' inno si gorgoglian ne la strozza, Che dir nol posson con parola integra. Così girammo de la lorda pozza

Grand' arco tra la ripa secca e 'l mezzo, Con gli occhi volti a chi del fango ingozza: Venimmo appiè d'una torre al dassezzo.

淡淡淡

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Allora stese al legno ambe le mani:
Perchel maestro accorto lo sospinse,
Dicendo: Via costa con gli altri cani.

CANTO OTTA VO.

I'Dico seguitando, ch' assai prima

Che no fussimo al piè de l'alta torre, Gli occhi nostri n'andar suso a la cima. Per duo fiammette che vedemmo porre, E un'altra da lungi render cenno, Tanto ch'a pena I potea l'occhio torre. Ed io rivolto al mar di tutto' senno Dissi; questo che dice? e che risponde Quell'altro fuoco ? e chi son que' che il fenno?

Ed egli a me: su per le sucide onde
Già scorger puoi quello che s' aspetta,
Se 'l fummo del pantan nol ti nasconde.
Corda non pinse mai da se saetta

Che si corresse via per l'aer snella,
Com'i'vidi una nave piccioletta
Venir per l'acqua verso noi in quella
Sotto 'l governo d'un sol galeoto,
Che gridava or se' giunta, anima fella?
Flegiás, Flegiás, tu gridi a voto,

Disse lo mio signore, a questa volta:
Più non ci avrai se non passando il loto.
Quale colui che grande inganno ascolta
Che gli sia fatto, e poi se ne rammarca,
Tal si fè Flegiás ne l'ira accolta.
Lo duca mio discese ne la barca,

E poi mi fece entrare appresso lui,
E sol quand' i' fui dentro parve carca.
Tosto che 'l duca ed io nel legno fui,
Segando se ne va l'antica prora

De l'acqua più che non suol con altrui.
Mentre noi corravam la morta gora,
Dinanzi mi si fece un pien di fango,
E disse: chi se' tu che vieni anzi ora?
Ed io a lui s'i' vegno non rimango:

Ma tu chi se', che si se' fatto brutto?
Rispose vedi che son un che piango..

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