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ranze, fecca, per così dire, in erba, e le concepute espettazioni, ed i begli apparecchi, e le promesse d'ogni più chiara indole uccide, e guasta. Questa esca di gloria da rei piaceri gli svelle, e a' diletti onorati gli avvezza; e perciò, contribuendo non poco tali congressi al bene degli stati, ai quali i Principi da Dio sono preposti, e sopra i quali dee vegliare loro provvidenza; grandiflimi onori ne riceve da' medefimi a questo titolo il nostro Padre Accademico. L'Arciduca Sigismondo Francesco d' Austria onorò col fuo nome l'Accademia, e fu nel medesimo tempo il Coltellini posto sotto la sua protezione, ficcome gode quella ancora di tutta la Casa de medefimi Arciduchi, onde fu fatto configliere di Ferdinando Carlo Arciduca d' Austria. Fu consultore, e censore del S. Ufizio di Firenze; nel qual ministero avendo per più Pag.13 di quaranta anni invigilato al mantenimento della purità della Fede, e della maestà de' dogmi, fu di comune consentimento di tutta la Congregazione de' Cardinali del S. Ufizio, dichiarato benemerito, e giubbilato. Che maraviglia se godè l'amicizia, e l'amore del vivente Eminentissimo Cardinale Francesco de' Nerli, e dalla generosità propria di quell' infigne Prelato, di tutti i buoni studj intendentissimo ed amantissimo, ebbe doni, e favori segnalati; al quale per riconoscenza, ed ofsequio, volle il Coltellini lasciare il bello Omero Greco, fatto stampare da due fratelli Nerli, ed un Acciajuoli, giovani delle Greche lettere studiosi in Firenze, nel risuscitamento de' buoni studi sotto i magnanimi Medici. Le cortefiffime lettere, e piene di stimade' Cardinali, e Prelati più cospicui, e de maggiori letterati, che tutti esaltano il notabile vantaggio della gioventù, per l'Accademia da lui fondata, e fi tengono ad onore d'effervi annoverati, lungo sarebbe a rammemorare: folo voglio, che mi bastil'alto giudicio de Sereniffimi Padroni nostri; de' quali Ferdinando II. di sempre gloriosa memoria, che sentiva volentieri lo zelo di quelli, che s'impiegavano nelle operazioni virtuose, e tanto più, quando queste riguardavano il benefizio universale, e particolare de sudditi, e collaudando l'applicazione del Coltellini al mantenimento della sua Accademia; accetto d' effervi ascritto, e l' assicurò di prestare alla medesima la sua protezione. E poichè egli con tanta premura, e con singolar benefizio della gioventù, edecoro non piccolo della città l' andava sostenendo; la luogotenenza, vacata per la morte di Carlo Dati, al medesimo Coltellini destind, con facoltà di sostituire altri a supplire le sue parti. E qui non posso io non intenerirmi dentro dal cuore, in confiderando,

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do, come egli ne' prossimi anni, ogni volta a se chiamandomi, in così riguardevole posto a se mi sostituiva; come le cose dell Accademia mi raccomandava; con che amore, con che bella paffione me ne discorreva; che sollecitudine era la sua nel provvedere il luogo d' Apatista Reggente, di persona abile, nobile, Pag.14. dotta, valorosa. L'Accademia in somma era l'unico suo penfiero, il fuo affare amato, la sola mira fua. E questa sola Accademia appunto si è quella, per la quale io mi sono finora ingegnato di farvelo apparire qual' egli era in verità, cioè filosofo politico. Ed oh avessi io tanto spirito, e tanta facondia da chiarire le menti d'alcuni, e disingannarle ; i quali, correndo dietro alle voci popolari, non vanno addentro, e non penetrano alla sostanza, ed alla midolla delle cose! Da queste guaste opinioni ne scaturisce il lagrimevole abuso, che fi fa del più bello, e del migliore. Politico oramai non s'intende più, se non un uomo d'una prudenza, che prudenza non è, ma astuzia come quella, che è scompagnata dalla giustizia; di cui dare non si può mostro più abbominevole; più crudele è egli di Cariddi, e di Scilla, più vivace dell'Idra. La cabala, l'adulazione, e l'interesse hanno occupato il luogo delle vere, e leali, innocenti arti e magnanime; per le quali l'uomo civile sopra gli altri legittimamente s' innalza, e fi fa degno, quando che sia, e capace di comando, e d'imperio. Non così il nostro Eroe, perfetto filosofo, cioè buon morale insieme e buon Cristiano; e politico tanto più grande, quanto coperto, segreto, diffimulato. Non è necessario per effer tale il sostenere grandi maneggi, l'essere arbitro delle fortune altrui, e riformatore di popoli, l'ufare nelle corti de' grandi, e dare configlio, risedere perpetuamente ne' Magistrati, peramministrare giustizia; quantunque anche in questa parte, come s'è detto a' doveri di buon cittadino più volte soddisfacesse; ma ogni minimo, per così dire, omiciattolo, sfornito dalla fortuna d'avere, d'autorità, e di potenza, pud coll'arte dell'ingegno, colla maestria, e coll' industria, agguagliando, come diffe quell altro, le ricchezze de' Re col coraggio; può, dico, essere un gran politico: mentre tenta per via delle virtù morali e cristiane d'adornare l'animo suo di belle doti, e cognizioni pregia- Pag 15. te; e dopo che egli s'è così adornato, ed arricchito, e che pur tuttavia, finoacchè gli dura in questa lo spirito, si va adornando, e facendo ricco, secondo l' opinione del gran Solone, che affermava d'invecchiare ogni di sempre più imparando; mentre non se ne sta ozioso, e ritirato in se stesso, bastandogli d'avere

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fatto

fatto se, ma vuol fare anche altri, quanto più può, a se medesimo somiglianti, ed alla virtù gli sprona, e confortagli, e mette loro per le mani ogni giorno belle, ed onorate occafioni d'esercitarsi; comunica in somma tutto se stesso, e si diffonde, ed irraggia, a guisa del Sole, che serve a tutti, senza scemare di sua luce; mi negherete, che un uomo tale, che al pubblico bene i suoi talenti sacrifica, non fia un finissimo politico, un politico eccellente? Che se tutti i cittadini, ognuno nel suo genere, ed alti, ed infimi, una maniera tale praticassero, che, oltre all'efsere buoni per loro stessi, oltre al fare con quella esattezza, che possono, il loro mestiere, cercassero ancora d'ingenerare negli animi degli altri l'amore alle arti, alla pietà, alla virtù; quanto le città fiorirebbero Quanto ne crefcerebbe la pubblica grandezza, il luftro, il grido, la gloria! Ora il nostro Agostino Coltellini, fatevi dagli anni suoi più teneri, e venite pur giù fino all'estrema sua decrepitezza, fu sempre tale. Filosofo sul ben pubblico. Misurd le forze sue; vide, che la debolezza del corpo non gli permetteva il durar soverchie, e grandi fatiche, come avrebbe, per l'affetto, che avea di giovare altrui, defiderato.

Si diede ad una vita ritirata sì, ma esposta; filosofica, ma civile; oziosa, ma letterata. Trasformd, giovine ancora essendo, la casa sua in scuola, in Accademia; e con sì felice ascendente ebbe ella il natale, che sempre in vita del Padre suo si mantenne vigorosa, ed illustre; e dopo il passaggio di quello miglior vita, riguardandola egli, quale aftro benefico, in bello aspetto, col regnante Giove della Toscana, prende, non senza fondata Pag.16. baldanza, lieto augurio d'eternità. Che se de i perfetti politici è pregio, non solo bene costituire le cose presenti, mentre e' vivono, ma con un saggio antivedere, e colle buone regole farle, per quanto è possibile, eterne, e infonder loro da principio uno spirito, che, anche senza loro le regga, e mantenga sotto il lor nome; questa gloria si può con verità dire, che colmi, e coroni tutte le glorie, che egli per l'Accademia riceve in vita, le quali furono molte, e grandissime: concioffiache l' onore, che fa l'Accademia al trapassato Fondatore, colla frequenza non mai interrotta del popolo ascoltatore; colla scelta di pellegrini, e nobili ingegni, che Apatisti riseggono; colla multiplicità, e valore de componimenti; certamente questo è del medefimo, che vold al Cielo, un perpetuo trionfo qui in terra; e il dichiara amplamente per uno di quei buoni, e giusti politi ci, i quali, non come altri invidiosi, si curano solo della gloria

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per

per loro, tanto ch'ei vivono, volendo, andando le cose dopo Ioro di male in peggio, farsi per tal cagione ricordare; ma vigilando il bene di quel corpo, che essi presero a governare, es' affaticano di dargli forma stabile, e permanente, e d'accattargli gloria fempiterna. Checcorre dunque, che io dica, Anima grande, della tua morte? Come ne' primi mortali afsalti del male non ismarrito, il ricordare agli Accademici il pregare per l'anime de i defunti Accademici, come piamente quattro volte l'anno far fi fuole, a me tuo sostituto raccomandasti; come con quei Cristiani sentimenti, co' quali sempre vivesti, t'accingesti al gran passaggio; come sette lumi intorno al corpo volesti, per mostrare, che i terreni splendori tutti si spengono, e solo le virtù fono quelle, che fanno lume all' eternità; come la scelta, e copiofa tua libreria, ad utilità di tutti gli studiosi in tua vita comune, perchè ella intatta si conservasse, e a pro ancora del pubblico, a' Padri di S. Gaetano, di cui eri tu sommamente divoto, lasciasti; e come l'Accademia, tuo amore, e tuo pensiero, all'alto patrocinio del Sereniffimo Padrone rassegnasti; il quale l'am- Pag. 17. pio patrimonio del favore, e della stima verso tutte le belle arti, da' fuoi gloriofi maggiori tramandatogli, non solamente guarda, e mantiene, ma con immortale suo pregio adorna generosamente, ed accrefce. Egli, dalla tua casa nello studio pubblico della città l'Accademia tua trasferita, ha mostrato, che tu, secondo Atenedoro Stoico, presso Seneca, nel libro della tranquillità del cuore, nel privato maneggiandola, maneggiavi un interesse pubblico, colle tue belle industrie giovando al pubblico : e però fosti da savi Principi, come cooperatore della pubblica felicità, encomiato. Lungi, lungi, memorie di morte, ricordanze dimestizia: poichè vive il nostro Coltellini, non solo nelle memorie nostre, e negli animi, ma simolacro vivo, ed animato di lui veggiamo stare in piedi la nostra Accademia. Non fia dunque questo giorno un Annuale Accademico d'un defunto, ma una festa d'uno immortale; il quale chiudendo gli occhi a questo mondo, ficcome ne perfuade la sua pietà, nell'eterno Sole gli aperse, ed ora più che mai veglia, e prefiede alla sua diletta figliuola, l' Accademia degli Apatisti. Che se quando era vestito della umana fragile spoglia, e col gravoso incarco degli anni, e col peso delle cure, e molestie, che tutto giorno ci arreca questa tribolata vita mortale, egli si può dire, che non qual uomo di carne, e d'offa, ma quale ignudo spirito si diportasse nella instancabile vigilanza sopra l' Accademia, come quegli, che per sostenerla, e

con

conservarla facea tutto, e per lei agilissimo, quando bisognava, era, si può dire, per tutto; ora che elevato in luce, e sottigliato in ispirito, da luogo di salute amorosamente ci mira, come non debbiamo afsicurarci, che più copiose ne piova le grazie, e più efficaci ne tramandi gl'influssi? E che? Forse arte ci vuole di dire per perfuadervelo? Voi, voi stessi il vedete, anzi coll'efperienza il toccate con mano. Ereditando adunque tutti lo spirito del nostro benedetto Fondatore, animati dal favore dell'altiffimo patrocinio, e rendendo dei progressi dell'Accademia al DoPag.18. natore d'ogni bene le grazie; seguiamo, malgrado dell'invidia, la magnanima nostra imprefa, giovando ciascheduno per la sua parte a se proprio, esercitandosi, e profittando; ed al pubblico, incitando gli altri coll' esempio, e mettendo in comune i suoi profitti.

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