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voyageur étonné ne sait plus si ce fut une rose: telle est une jeune vierge, tandis que, sous la garde d'une mère tendre et vigilante, elle ferme son cœur aux amoureux desirs; mais si les regards voluptueux d'un jeune amant portent dans ses sens tous les feux de l'amour, et si, sage et craintive, elle se voit forcée de dérober à tous les yeux les cruels tourments qu'elle endure, infortunée! elle se consume, perd sa beauté, et pour jamais s'envole loin d'elle la saison fleurie des amours.

LA ROSA E LO SPINO.

Quanto si mostra men, tanto e più bella. (TASSO.)

CINTA
INTA di Spine ruvide,

In denso cespo ascosa,
Qual verginella timida,
Fioria purpurea Rosa.

Si folta ricoprivala.

La siepe d' ogn' intorno,
Che appena un raggio langnido.
Vi trasparia del giorno.

Già dai sottili screpoli
Del verde esterno ammanto
L' ascoso sen purpureo
Si discopriva alquanto:

Del bel cespuglio ombrifero
Entro la stanza oscura
Crescea quasi invisibile,
Ma più crescea sicura.

L' impaziente Vergine
Della sua forma altera
Brillar volea tra i lucidi
Figli di Primavera;

E incomincio la semplice
Del suo crudel confino
Con detti acerbi e queruli
Ad accusar lo spino;

Crudel chiamollo e barbaro
Perchè la libertade
Toglieva alla sua giovine
Ed innocente etade,

E ingloriosa e inutile
Cosi senza ragione
Perder l'età facevale
In orrida prigione?

Taci, con tuono rigido

Grido lo spino, e pesa
Meglio le voci frivole,
Ch'io son la tua difesa.

Se del Merigge fervido
La rabbia non t' offende
Col verde manto provido
Chi mai chi ti difende ?

Chi dag!' insulti copreti
Del gregge e dell' armento,
Della rabbiosa grandine,
Del ruinoso vento ?

Taci, ed ama la rustica
Incognita dimora,
Che il tempo di tua gloria
Non è venuto ancora,

Nè sai quanti pericoli
In mezzo all' aria aperta
Circondin la tua tenera
etade ed inesperta.

Tace, ma freme tacita, Fra se si lima e rode, E invoca il tuono e il turbine Sul suo crudel custode.

Ma intanto ecco il sollecito Villan col ferro in mano, Che monda dagl' inutili Germogli il verde piano;

E già la falce rigida-
Stende con man crudele
Della vermiglia Vergine
Sul guardian fedele.

Invece allor di piangere
Gioisce il fiore ingrato,
E puo mirar con giubilo
Del suo custode il fato.

Già cade in tronchi lacero
Lo spino in sul terreno,
Già il pieno giorno penetra
Nel verde ombroso seno.

Dai duri impacci libera
Allor su' fiori e l' erba
Erge la rosa incauta
La fronte alta e superba.

A lei d' intorno scherzano
L' aurette mattutine,
Gli augelli la salutano,
L' Alba le imperla il crine.

Ma, oh Dio, l' ore piacevoli
Quanto son lievi, e corte !
Oh quanto incerta e istabile
È del piacer la sorte!

Da lungi ecco che mirala
Il Bruco, ed insolente
Sul verde stel s' arrampica,
V' arruota avido il dente.

Ratta lo segue l' avida

Sozza Lumaca ancora,
Che d' atra bava sordida

L' intride, e la divora.

Arsa dal Sol scolerasi Pria d' esser ben fiorita; Invano allor la misera Chiede allo Spino aita.

Già secca, esangue e pallida

Perde il natio vigore;
L' aride foglie cadono,
E avanti tempo muore.

« Oh Donzellette semplici

>> Voi che sicure e liete

>> Di saggia madre provida

>> Sotto del fren vivete;

« Se il giogo necessario

>> Mai vi sembrasse grave, >>> Nella Rosa specchiatevi, » E vi parrà soave. »

(LORENZO PIGNOTTI, Favola X.)

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