o si fa un Dio di ignoranza e di passione simile a sè, o nega che Dio vi possa essere , e domanda inutilmente a tutta la Natura che lo circonda, che cos'è, perchè ella è, quel ch' ella gli minaccia, o di che lo lusinga; domanda inutilmente a sè medesimo, di dove viene e dove và; non ama e non ha chi lo ami, vede per tutto disordine e inimicizia, perchè ha l'odio e il disordine nel proprio cuore. Egli è il selvaggio del così detto stato di natura, o l'orgoglioso, il furbo, l'egoista, l'ipocrita, l'infelice della degenerata società. Quindi non vi è mezzo: o l'uomo nel medesimo tempo è saggio, è buono è felice; o l'uomo è stolto, è tristo, è sventurato: la sapienza, o conduce alla virtù e alla prosperità, o non è vera sapienza; i beni, i godimenti, o s'accordano colla sapienza e con la virtù, o non son veri beni; la morale e la religione, o rendono l'uomo saggio e contento mentre lo rendono dabbene, o non sono la vera religione e la vera morale. L'uomo è un tutto che non si divide: quel Dio, che lo vestiva di ossa e di polpa, è il medesimo Dio che gli soffiava lo spirito animatore: e chi gli dava braccia e mente, e gli diceva = coltiva la terra e trova sudando il tuo pane; indaga e domina la natura gli dava insieme un cuore, e gli diceva = amami ed ama gli uomini tuoi fratelli. = Or eccoli dunque i nostri veri diritti; ecco la gran voce dell'umanità che grida, grida, e un giorno o l' altro si fa pur intendere; ecco il gran movimento impresso dalla mano stessa di Dio, e che la mano degli uomini non può arrestare o reprimere, nulla più di quel ch' ella possa fermare gli immensi globi che si aggirano per gli spazi del cielo. I diritti dell' uomo sono i suoi bisogni, sono le esigenze tutte della sua complessa natura, sono lo svolgimento progressivo delle sue facoltà, i destini che Dio gli ha prefissi, la direzione che dee governare le sue moltiplici forze tutt' insieme bisogni, diritti, doveri: sotto diversi nomi una cosa sola, la legge dell' umanità. III. Ma questa legge, tutta appropriata alla particolare natura dell' uomo e ai particolari fini che Dio si prefisse, ha tre grandi condizioni, che sono condizioni vitali. Importa sommamente riconoscerle e sentirne tutta la forza e tutta l'ampiezza. La 1.a è, che una tal legge ordinatrice di tutto il suo essere, l'uomo medesimo è quegli che se la deve applicare. Le grandi forze che animano le opere della Natura, che le conducono al loro grado particolare di perfezione e ve le mantengono, o sono forze cieche e determinate per sè ad operare, se un'azione estrinseca non le distrugga o non le raffreni: e in questo caso l'adem pimento del loro scopo è immancabile per loro parte. O sono forze spontanee sì e in qualche modo elettive, ma guidate da un tale impulso interiore, circoscritte nella loro scelta ad un numero così ristretto d'oggetti, e ad oggetti così precisi, che gli esseri, i quali ne sono forniti, tendono al loro scopo con sicurezza, e l'ottengono sempre, se forze o circostanze estranee alla loro volontà non vi si oppongano. All' opposto l' animo dell'uomo, dotato della facoltà di conoscere e paragonare oggetti e qualità innumerevoli; dotato di propensioni molte e così versatili che cento mezzi di piacere e cento mezzi di scontentezza vi possono essere per lui, e gli procaccia oggi una soavità quella cosa che domani gli apporterà una molestia ; dotato, quasi direi, d'una insaziabile capacità di bene, e, quel che è più, d'un principio interiore d' azione, d'una volontà così indipendente, così dominatrice d' ogni influenza, ch' ei può resistere persino alle sue medesime inclinazioni; l'animo dell'uomo ha il sentimento (almeno confuso) ha il bisogno e la brama del suo ben essere e del suo ordine ma non possiede un impulso direttore sì forte che ve lo spinga; è spesso dalle sue più forti propensioni mal consigliato e sviato: egli ha bisogno di chi lo aiuti a discernere, tra suoi medesimi desiderj, qual vada secondato e quale represso; ha bisogno di dire a sè medesimo =io voglio questo e non quello. Apparentemente inferiore per questo lato, ma realmente più grande degli altri esseri, l'uomo è così il direttore di sè medesimo. Mentre nella natura tutto serve mutamente all' eterno Legislatore; Iddio, lasciando all'uomo la libertà, lo chiama a parte de'suoi disegni e lo elegge a cooperatore della sua sapienza nel reggimento del mondo morale, lo sostituisce in qualche modo a sè stesso. Deputazione sublime che rende il perfezionamento interiore dell' uomo una volontà del Creatore (quindi l'obbligo morale); deputazione che trae seco per l'uomo la necessità di un esame delle sue proprie inclinazioni, e di una scelta fra quelle da secondare e quelle alle quali resistere. Di qui è palese che non ogni fatto della natura umana è un fatto degno d'esser preso ad esempio; che non tutti i suggerimenti, massime i più pronti e i più forti dell'animo umano, o nello stato selvaggio o nello stato di civiltà, non sono tutti da citarsi nè come fondamento de' nostri diritti, nè come norma delle azioni private, nè come modello di istituzioni civili. L'uomo ha in sè medesimo tendenze legittime, che gli sono di guida e di allettamento a conseguire il perfezionamento e il ben essere proprio, , come a procacciare il perfezionamento e il ben essere altrui; e ba delle tendenze malvage che lo seducono, che lo sviano, lo menano al disordine e alla infelicità e sono causa di scompigli e di sciagure sociali. L'uomo perciò deve bene esplorarsi, ed ora condiscendere a sè medesimo, ora resistere ; egli illuminato dalla ragione, egli potente per una libera volontà. IV. Ma l'uomo, che deve dirigere sè medesimo, è un essere che sviluppa le sue spirituali facoltà allo svilupparsi degli organi della sua parte corporea; l'uomo, che ondeggia fra voglie diverse, quale conducente al suo bene, quale nimica; l' uomo, la cui ragione può essere affascinata dalle sue proprie seduzioni interiori, s'inganna spesso, si procaccia da sè medesimo il suo male, e si vien lentamente ammaestrando per una trista esperienza di errori e di calamità. L'uomo mal basterebbe a sè solo: le osservazioni, le meditazioni, i traviamenti medesimi dell'uno, divengono un insegnamento, un aiuto dell' altro; il padre li trasmette come la più preziosa eredità ai figliuoli che gli sopravvivono; un secolo si fa maestro del secolo che gli vien dopo; gli uomini che convivono, gli uomini che si succedono, lavorano tutti per compilare e stabilire una scienza della propria condotta che diviene la scienza dell'umanità. E questi ritrovamenti degli uomini di tutti i luoghi e di tutte le età sarebbero anche un incerto e fioco lume, se qualche spirito privilegiato, a cui certa. mente la Divina Sapienza si è con particolari comunicazioni manifestata , non avesse, a guisa di sole, discoperto ciò che occhi meno veggenti non sarebbero mai giunti a discernere : " lezioni date da Dio al genere umano, convenienti, al dir dei padri della Chiesa, alle sue diverse età; acciocchè l'insegnamento sia proporzionato alla capacità del discepolo, e perchè l'opera della Grazia camminando del pari con l'opera della Natura, apparisca che Dio è l'Autore dell' una e dell' altra (1). (1) Bergier. Traité Historique et dogmatique de la vraie Religion. Paris 1786. Tom. I introduction p. I et 2. "Dieu, disent les Pères de l'Église, (a) don دو دو دو دو ne au genre humain des leçons convenables à ses différens âges; comme un père tendre il a égard au degré de capacité de son éleve: il fait marcher l'ouvrage de la grace du même pas, que celui de la nature, pour démontrer qu'il est l'Auteur de l'nne et de l'autre. Tel „partir pour concevoir le plan que la sagesse est le principe duquel il faut éternelle a suivi, en prescrivant (a) Tertull. lib. de Virg. velandis c. 1. = S. Aug. 1. de vera Relig. c. 26 et 27. Theodoret. Haer. Fab. lib. 5. c. 17. De Providentia Orat. Dunque, e la ragione guidatrice dell' uomo che si svolge con l'età; e l' esperienza che nasce dalla pratica delle cose, da una serie di riuscimenti e d'inganni; le comunicazioni succes sive d' uomo con uomo, la tradizione di un secolo all' altro; la rivelazione che si adatta ai tempi, che cresce col crescere del genere umano e si sviluppa allo svilupparsi delle sue facoltà, al sorgere di nuovi bisogni morali e sociali: tutto annunzia che un altra condizione della legge dell' umanità è quella del progresso. 10. etc. e L'uomo, al nascere, entra in una carriera nella quale si avvia verso il suo perfezionamento e la sua felicità; egli ha da correre, o fallisce il suo scopo e contraddice ai voleri del suo Autore. E le società, perchè siano ben ordinate, cioè conformi ai destini dell' umanità, han da progredire anch'esse o si corrompono. Come l'uomo passa per diverse età; così ha pure la società la sua infanzia, l'adolescenza la virilità (e pur troppo talvolta la sua vecchiaia!) Vi è un'educazione degli individui, e vi è un' educazione del genere umano. V. Dopo le cose qui sopra esposte parrebbe quasi inutile di indicare che una terza condizione della legge dell' umanità è l'associazione. Essa risulta evidentemente e dall' insufficienza dei mezzi, che ha l'uomo isolato, di difendersi, di istruirsi, di procurarsi quegli agi e quei diletti, senza cui la vita è mal sicura o penosa. Ma risulta ancor più dalla prima delle facoltà dell'animo umano, quella di risentir come suoi i beni e i mali degli altri uomini; dal primo di tutti i bisogni dell' uman cuore, quello di amare. Lo stato di associazione è sì necessario per l'uomo, com'è necessario ch'egli soddisfaccia alle intime ed ordinate esigenze della sua natura: gli uomini non deliberarono se dovessero o no associarsi, nulla più di quel che deliberarono se dovessero o no propagare la specie loro: solamente la società a cui li conducevano e i loro bisogni, e le loro inclinazioni, e la legge del loro perfezionamento, la lor società crebbe e si perfezionò a gradi, come a gradi crescevano gl' individui e si perfezionavano: fu prima società di famiglia, poi società di borgata, poi di popoli, poi di nazione (e sarà, spero, un giorno società del genere umano) ma sempre società, isolamento non mai. Or a qualunque si miri di queste tre grandi ed innegabili condizioni della legge dell' umanità, appar viepiù manifesto, che gli inculti e sospettosi uomini dell' infanzia delle società umane mal possono pigliarsi per norma di quel che hanno ad essere gli uomini indociliti e saggi delle provette società. Non lo possono perchè sono i meno atti a distinguere dai miti e ragionevoli sentimenti del cuore le voglie crude e brutali ; i meno atti a discernere i veri principj del vero e dell' onesto, come i menoatti a dominare sè stessi; i meno capaci in somma di adempiere alla prima condizione della legge dell'animo umano, quella di conoscerla e di imporla a sè stesso per un saggio uso della propria libertà. Non lo possono, perchè que'selvaggi uomini sono entrati appena in quella carriera che è aperta ai progressi dell'umanità. Questa invio abile condizione del progresso sarebbe annullata da quell'istante in cui si pretendesse che la società adulta dovesse foggiarsi sulla società hambina: pretensione non meno irragionevole di quella che un provetto uomo, grande della persona, gagliardo di membra, svegliato d' ingegno, potente d'affetti, fatto saggio dalla esperienza degli uomini e delle cose, camminasse, mangiasse, si trastullasse come un fanciullo, e fosse come lui semplice, credulo, impetuoso, sbadato. Di guisa che, quando ancora i crudi sentimenti e i feroci atti mal non si addicessero alle prime brigate di uomini ravvicinatisi appena fra loro (il che è falso), certamente cotali voglie e cotali atti sarebbero disacconci e vituperevoli per uomini mansuefatti dalla civiltà. Non lo possono infine perchè lo stato d' isolamento, se pur ha esistito ed esiste, codesto preteso stato di natura da cui si vorrebbero derivare i nostri diritti e le leggi sociali, è il più contrario che sia alla natura dell'uomo, fatto necessariamente per l'associazione, senza della quale mal riuscirebbe a conoscere e ad adempire la legge di perfezionamento e di ben essere attribuito alla sua doppia natura. Allora l'uomo dirà: io mi contento di viver solo; quando il fanciullo dirà: io mi contento di essere senza famiglia. Allora lo stato d'isolamento potrà imporre allo stato di civiltà le sue irragionevolezze e le sue barbarie, quando il fanciullo potrà dire al maestro, educami, ma non mi togliere nessuno de' miei difetti; istruiscimi ma rispetta tutti i miei errori. VI. Io ho parlato sin quì delle condizioni quasi direi estrinseche alle quali la gran legge dell' umanità va soggetta: non ho parlato direttamente di questa legge considerata in sè stessa : e non è mio scopo di esaminarla partitamente (2). Ma mi sarà ben (2) Non posso qui contenermi dal far osservare che dall' aspetto, sotto il quale io ho considerato l'insieme della morale, della religione e degli ordinamenti sociali, cioè come la gran legge dell' umanità, quella che deve contenerla nel suo ordine, condurla alla sua particolare perfezione con lo sviluppo delle proprie facoltà, e procurarle il ben essere che deve necessariamente se |